Inizialmente la protagonista appare abbastanza legata ai suoi figli. In particolare si comporta in modo spontaneamente affettuoso con la bambina, Mouche, con cui forse si identifica maggiormente, mentre ha un atteggiamento più distante con il figlio, che tende a responsabilizzare maggiormente. L’affetto per i figli sembra un filo conduttore sottile ma sempre presente per la protagonista fino alla parte finale (la cartolina – ricordo dal carcere). Ma nello sviluppo della vicenda, prima dell’arresto, Marie sembra progressivamente dimenticare i suoi stessi figli, trascurandoli e abbandonandoli nel ruolo di testimoni delle più squallide vicende domestiche.

Diverso è il rapporto con il marito, che appare fin dall’inizio vulnerabile e segnato dall’esperienza della guerra. Tra i due non vi è, se non occasionalmente, alcuna comunicazione. Il ritorno di lui è accolto con molta freddezza e la sua presenza è sempre vissuta con estremo disagio, che nel corso degli eventi si trasforma in assoluta insofferenza. Al culmine della vicenda, Marie assume nei confronti del marito una posizione di vero e proprio dominio. Per altro verso, il marito appare incapace sia di una reale comunicazione affettiva, sia di una autonoma capacità di iniziativa: si lascia trascinare dagli eventi, reagendo solo in modo dissimulato e indiretto. Forse la sua abulia è metafora della passività complice di una parte dell’opinione pubblica nella Francia di Vichy.

Copernico:

Con i figli, Marie si dimostra una buona madre, attenta e affettuosa. Con il marito Paul è fredda e priva di amore: durante la prigionia di Paul, non ha sentito la sua mancanza dal punto di vista affettivo, ma solo quella del suo sostegno economico. Dopo il ritorno, la sua presenza la infastidisce anche fisicamente e rifiuta di avere rapporti sessuali con lui. Paul vive una situazione di disagio, il suo rientro è drammatico: sente l'ostilità della moglie e la sua frustrazione sul piano socio-economico ( è invalido e disoccupato) è sicuramente acuita dal rifiuto della moglie.